13 aprile 2008

Compito 5: Il contesto della matematica

La matematica mi ha sempre incuriosito. Al liceo scientifico non ero una delle migliori in materia, ma sono sempre riuscita a far nascere in me quella “desiderabilità della matematica” a cui fa riferimento Mario Polito (Apprendimento ed insegnamento secondo la teoria della Gestalt).
Perché, invece, molti rifiutano la matematica? Se rivolgessimo a loro la domanda risponderebbero che è incomprensibile e del tutto inutile. Ma perché non la capiscono? Perché non entrano nel meccanismo, non conoscono né il perché né il contesto. Perché non conoscono il contesto? Perché la matematica non è una materia come tutte le altre: la matematica è astrazione, è logica, non c’è riscontro di essa nella realtà. In matematica, presupposti dei dati e applicato un ragionamento si ottiene sempre un risultato, nella realtà no; la matematica è certezza, la realtà è dubbio; la prima è perfezione, la seconda incompiutezza. E quindi, esiste contiguità tra le due?
Cosa rappresenta x=y? Una retta? A che serve sapere che x=y rappresenta una retta? Perché devo studiare le rette?
Cercando di scoprire perchè io abbia amato la matematica, ripenso alla mia soddisfazione passata nell’ottenere la soluzione esatta, nel raggiungere, attraverso un percorso mentale, un risultato finale. Ma questa mia soddisfazione nell’aver capito, che senso aveva?
Dopo ben tredici anni di matematica posso solo azzardare ipotesi soggettive sul suo contesto globale: potrebbe esser considerata una “metamateria”, lo studio dello studio, l’analisi o la rappresentazione del ragionamento, dei collegamenti possibili. Applicando la matematica la capacità logica evolve e diventa applicabile a qualsiasi altra disciplina, applicabile alla vita. Ma queste sono soltanto congetture confuse…
In fondo, che altro dovrei aggiungere? Il contesto della matematica a me nessuno l’ha mai fatto presente.


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